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Perché proteggiamo (troppo) i nostri figli

Posted: 01 Feb 2012, 15:08
by Francis MI
Mi e' capitato di leggere un articolo di Antonio Polito sul corriere.it.... ve lo proprongo, perche' fa riflettere. Almeno me.

"Dunque, ricapitoliamo. I nostri figli hanno diritto ad essere fuori corso anche dopo i 28 anni senza che austeri ministri li definiscano «bamboccioni» o frivoli viceministri diano loro degli «sfigati». Però, a 28 anni, hanno diritto a un posto di lavoro non solo stabile e comparabile alle loro aspirazioni, il che è ragionevole, ma anche inamovibile e sorvegliato da un giudice ex articolo 18.

Hanno inoltre diritto a una facoltà nel raggio di 20 chilometri da casa, così che non debbano vivere lontano dalla famiglia, e dunque hanno diritto a non fare quei «Mcjob» (commessi, camerieri, pony express), che i loro più sfortunati coetanei americani sono costretti ad accettare temporaneamente per mantenersi agli studi. Infatti i nostri figli non devono mantenersi agli studi, perché lo Stato chiede a ciascuno di loro tra i mille e i duemila euro l'anno mentre ne spende in media settemila (e molto di più per formare, per esempio, un medico); dunque a mantenerli agli studi ci pensa la fiscalità generale, cioè le tasse pagate anche da chi i figli all'università non li manda. Frequentando l'ateneo con comodo e senza fretta, i nostri figli hanno anche diritto a che il valore legale della loro laurea sia identico a quello di chi la laurea se l'è sudata un po' di più, magari emigrando, magari in cinque anni, magari in un'università in cui i 110 non fioccano dal cielo, perché in una società veramente egualitaria tutte le lauree devono essere uguali come tutti i gatti di notte devono essere bigi. Se poi i nostri figli per caso volessero continuare la loro carriera universitaria dopo la laurea, hanno diritto a non farlo all'estero, lì dove fuggono i cervelli, ma in patria, lì dove ammuffiscono i cervelli. Naturalmente, hanno infine il diritto di protestare contro questo stato di cose e contro chi ruba loro il futuro, «Occupyando» qua e là tra gli applausi dei contestati medesimi.

Questo elenco di «diritti» può apparire paradossale, ma è quello che si evince dal dibattito pubblico che in queste settimane si è finalmente acceso sulla questione giovanile (fino a qualche mese fa verteva di più su temi come il mestiere di velina o l'età dell'emancipazione sessuale). Diciamoci la verità: il senso comune degli italiani, in quanto genitori, è questo. Al punto che perfino un governo di professori e di liberali si è ritratto inorridito di fronte all'ipotesi di cancellare il valore legale del titolo di studio, cavallo di battaglia dei professori liberali dai tempi di Einaudi. A questo universo morale in cui non compare mai la parola «dovere», o «responsabilità», si deve aggiungere una crescente condanna popolare e mediatica per il «successo», sempre più considerato solo un'altra manifestazione della tanto deprecata ineguaglianza, quasi come se non si potesse avere successo senza una raccomandazione, un'illegalità, un'evasione fiscale. Ne esce così rafforzato all'inverosimile un malinteso senso di protezione verso i nostri figli; malinteso perché in realtà tradisce una sfiducia collettiva nei loro mezzi, una paura di lasciarli nuotare con le loro forze e il prima possibile, che a sua volta contribuisce a deprimere la loro autostima, assuefacendoli all'insuccesso col metadone di una potente giustificazione morale e sociale. Senza capire che l'unico vero antidoto all'ineguaglianza è la lotta del merito e del talento per emergere negli anni dell'educazione, affrancandosi così dalla condizione sociale, familiare o geografica.

Protagonisti di questo paternalismo (o maternalismo) non potevamo che essere noi, la generazione dei baby boomer , la prima generazione ad aver disobbedito ai padri e la prima ad aver obbedito ai figli. Invece che fare i genitori, ci siamo trasformati a poco a poco nei sindacalisti della nostra prole, sempre pronti a batterci perché venga loro spianata la strada verso il nulla, perché non c'è meta ambiziosa la cui strada non sia impervia. È un grande fenomeno culturale, e sempre più un carattere nazionale, forse in qualche relazione contorta e perversa con il calo delle nascite, come se ne volessimo pochi per poterli coccolare meglio e più a lungo. Ed è un grande fattore di freno alla crescita, non solo economica ma anche psicologica della nazione. Mentre negli Usa infuria il dibattito sulle mamme-tigri, asiatiche che spingono i figli fin oltre il limite della competizione con se stessi e con gli altri, da noi comandano i papà-orsetti, pronti a lenire con il calore del loro abbraccio il freddo del mondo reale, così spietato e competitivo."

Re: Perché proteggiamo (troppo) i nostri figli

Posted: 01 Feb 2012, 15:14
by portos
Come dargli torto.....

Re: Perché proteggiamo (troppo) i nostri figli

Posted: 01 Feb 2012, 17:28
by Max
si , come dargli torto .

Condivido soprattutto quando descrive la nostra generazione come disobbediente nei confronti dei padri e fin troppo assecondante nei confronti dei figli

Max

Re: Perché proteggiamo (troppo) i nostri figli

Posted: 01 Feb 2012, 17:32
by salvaroma
fortunatamente non mi riguarda; l'educazione (intesa in toto) che sto dando ai miei figli è scevra di sentimenti fuori luogo e iperprotettivi; mia moglie dice al limite del cinismo...preferisco che prendano schiaffoni dal sottoscritto in maniera tale che se e quando arriveranno le tramvate nella loro vita adulta siano preparati al dolore e alla sofferenza e capiscono come sia doveroso rialzarsi e ripartire; insegnare il sacrificio, questo è la base (non è facile mai risultati ci sono..)

Re: Perché proteggiamo (troppo) i nostri figli

Posted: 01 Feb 2012, 17:34
by micio
Sembra strano ma concordo con Salva , qualche calcio nel culo ( metaforico o meno ) non fa male .

Re: Perché proteggiamo (troppo) i nostri figli

Posted: 01 Feb 2012, 17:35
by salvaroma
ooooooohhhhhhhhh, e che è successo????????;)

Re: Perché proteggiamo (troppo) i nostri figli

Posted: 01 Feb 2012, 18:33
by Atena
.

Re: Perché proteggiamo (troppo) i nostri figli

Posted: 01 Feb 2012, 18:35
by andrea firenze
...al di là delle...."ricette" personali... sarà il tempo a dire se erano giuste o sbagliate....anch'io e a prescindere dalle mie esperienze personali, che contano poco nell'esame di un problema quale quello dell'articolo, ovvero più generale, ritengo che sia decisamente vera l'osservazione, ripresa anche da Max,...sulla nostra generazione rispetto ai nostri padri e del nostro essere padri.......

Re: Perché proteggiamo (troppo) i nostri figli

Posted: 01 Feb 2012, 18:36
by micio
Anche io dopo il diploma potevo scegliere di andare a fare il geometra nello studio d'architettura di mio padre .... non ho mai capito un cazzo ....8-)

Re: Perché proteggiamo (troppo) i nostri figli

Posted: 01 Feb 2012, 18:50
by ale290568
Ciao,

dopo ciò che ho letto, mi prendo allora io la responsabilità di essere voce fuori dal coro (e te pareva...).
Dall'articolo emerge che il Sig. Polito ha un'età tra i cinquanta e i sessanta in quanto si infila ne "la prima generazione ad aver disobbedito ai padri".
Ciò non mi riguarda affato: ho quarantatre anni, nella vita ho fatto scelte lavorative che mi hanno portato ad essere imprenditore ed ho fatto scelte di vita che mi hanno fatto diventare padre alla soglia dei quaranta.
Non so quanti Politi ci siano attualmente in Italia, ma conosco una fracca di Alessi che hanno come primo obiettivo quello di trovare un lavoro per avere di che vivere; e questo è un impegno che va di pari passo con l'educazione dei propri figli.
Se il problema principale della gente adesso è quello di smarcarsi dalle grinfie dei figli che secondo il giornalista rivendicano un tot di diritti, spero per lui che il dilemma riesca a dirimerlo fra una partita a golf coi colleghi, ed una meritata settimana di ferie pagata dal proprio datore di lavoro.
Chi il lavoro non ce l'ha, faccia partire i propri crucci dai bisogni primari di bergsoniana memoria.
Amen.

SaaluMi.