Oggi avrebbe compiuto 81 anni.....
Oggi avrebbe compiuto 81 anni.....
Buongiorno Lancisti !!
Oggi avrebbe compiuto 81 anni l'uomo che dopo Vincenzo Lancia ha fatto di più per la gloria del marchio.
Nasceva infatti a Vercelli il 19 Gennaio del 1931 Vittorio Ghidella , il "papà" di Delta , Thema ed Y10 , oltre che delle Fiat Uno , Croma e Tipo.*
[size=x-large]GRAZIE VITTORIO !![/size]
* Fonte : Wikipedia
Oggi avrebbe compiuto 81 anni l'uomo che dopo Vincenzo Lancia ha fatto di più per la gloria del marchio.
Nasceva infatti a Vercelli il 19 Gennaio del 1931 Vittorio Ghidella , il "papà" di Delta , Thema ed Y10 , oltre che delle Fiat Uno , Croma e Tipo.*
[size=x-large]GRAZIE VITTORIO !![/size]
* Fonte : Wikipedia
Lancia Lybra SW 1.9 Jtd LX 2004 - Lancia Ypsilon 1.2 8v 2006

Preferirei spingere la mia Lancia, piuttosto che guidare un'Audi...
www.elettriko.altervista.org

Preferirei spingere la mia Lancia, piuttosto che guidare un'Audi...
www.elettriko.altervista.org
Re: Oggi avrebbe compiuto 81 anni.....
Auguri a un grande...
certo è pero' difficile fare "una classifica" per chi ha fatto dippiu per la storia di un marchio cosi variegata di storie e uomini in cosi tanti anni....
Ghidella ha fatto tanto con quelle auto fatte in coabitazione con Fiat ma non so se lo metterei davanti, per la gloria del marchio, a quello che ha fatto in oltre 30 anni Cesare Fiorio (assieme ad altre persone come Zaccone Mina o Tonti) nella creazione della visione sportiva (e dei successi) della Lancia dalle Fulvia, Flavia, Stratos e la stessa Delta nei Rally fino alle gare in pista e al suo imporsi a chi non voleva una Lancia da corsa negli anni oppure piu di quanto ha fatto lo stesso Gianni Lancia (e Jano) per "glorie assolute" della storia Lancia come le Aurelia ma anche alle partecipazione della stessa Lancia alle piu importanti gare del pianeta con auto che non evavno eguali, dalla D50 alla D24....
eppoi, seppure con i suoi pro e contro, anche lo stesso Fessia ha creato qualcosa nel mondo dell'auto e nella storia Lancia quello che era all'epoca i vertici assoluti in termini di tecnologia, innovazione e qualità con le sue Flavia, Flaminia e Fulvia... insomma.. questo senza voler sminuire Ghidella che certo ha fatto tanto e potremmo dire che di fatto è pero' solo l'ultimo (purtroppo) quindi quello che si ricorda piu facilmente degli uomini che hanno dato gloria al marchio Lancia: in effetti dopo di lui c'è stato solo il vuoto sinora....
vedremo ora se con le Lancia che usciranno dal 2014 potremmo ricordare anche Marchionne come uno che ha saputo riportare la Lancia a nuovi successi....
Imho
certo è pero' difficile fare "una classifica" per chi ha fatto dippiu per la storia di un marchio cosi variegata di storie e uomini in cosi tanti anni....
Ghidella ha fatto tanto con quelle auto fatte in coabitazione con Fiat ma non so se lo metterei davanti, per la gloria del marchio, a quello che ha fatto in oltre 30 anni Cesare Fiorio (assieme ad altre persone come Zaccone Mina o Tonti) nella creazione della visione sportiva (e dei successi) della Lancia dalle Fulvia, Flavia, Stratos e la stessa Delta nei Rally fino alle gare in pista e al suo imporsi a chi non voleva una Lancia da corsa negli anni oppure piu di quanto ha fatto lo stesso Gianni Lancia (e Jano) per "glorie assolute" della storia Lancia come le Aurelia ma anche alle partecipazione della stessa Lancia alle piu importanti gare del pianeta con auto che non evavno eguali, dalla D50 alla D24....
eppoi, seppure con i suoi pro e contro, anche lo stesso Fessia ha creato qualcosa nel mondo dell'auto e nella storia Lancia quello che era all'epoca i vertici assoluti in termini di tecnologia, innovazione e qualità con le sue Flavia, Flaminia e Fulvia... insomma.. questo senza voler sminuire Ghidella che certo ha fatto tanto e potremmo dire che di fatto è pero' solo l'ultimo (purtroppo) quindi quello che si ricorda piu facilmente degli uomini che hanno dato gloria al marchio Lancia: in effetti dopo di lui c'è stato solo il vuoto sinora....
vedremo ora se con le Lancia che usciranno dal 2014 potremmo ricordare anche Marchionne come uno che ha saputo riportare la Lancia a nuovi successi....
Imho
Re: Oggi avrebbe compiuto 81 anni.....
Da Lancista torinese trapiantato a Vercelli da 20 anni non posso che unirmi agli Auguri. (tu)
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- Iscritto il: 16 dic 2008, 21:44
Re: Oggi avrebbe compiuto 81 anni.....
Secondo me tra chi ha fatto grande la Lancia vanno ricordato anche Pesenti e Fessia , Flaminia, Flavia e Fulvia sono loro capolavori .
Re: Oggi avrebbe compiuto 81 anni.....
Come al solito la mia è una voce fuori dal coro, ma dopo aver sentito l'intervista che Ghidella rilasciò a Radio2, non posso fare a meno di pensare che se fosse rimasto al comando della FIAT, oggi la Lancia rimarchierebbe le Lincoln anziché le Chrysler. In quell'intervista infatti disse che tentò di fondere il Gruppo FIAT con quello Ford, poiché il Gruppo torinese non era abbastanza forte industrialmente per competere a livello internazionale da solo e definì la Thema come "un successo fortuito".
Re: Oggi avrebbe compiuto 81 anni.....
Ghidella voleva risultati e pensava a sviluppi futuri che a Romiti non interessavano per niente. E siccome Agnelli pendeva dalle labbra di Romiti perchè da solo non era capace di decidere, tutto è andato come è andato.
La storia del gruppo Fiat è MOLTO più complessa di quella della Lancia.
La storia del gruppo Fiat è MOLTO più complessa di quella della Lancia.
Re: Oggi avrebbe compiuto 81 anni.....
Beh che dire, uso il suo nome per il mio username...ho fatto la sua pagina su wikipedia e da 10 anni rompo le scatole , ed ad ogni occasione cerco di ricordarlo e di farlo conoscere magari a chi adesso ha 18-20 anni...è il mio guru .. e ringrazio per questo l'amico lancista che ha aperto questo post.
Non capisco perchè appena si elogia una persona , qualcuno deve fare una lista altrettanto nota ...CI SONO ANCHE QUESTI QUA.....che nOIA!!!!!!
Sorvolando sulle favole e sulle promesse di ciò che era e che mai più sarà ( mi ricordo voci prepotenti anni fa in questo ed altri forum..simili a quelle berlusconiane che intonavano un LASCIAMOLO LAVORARE, LASCIAMOLO FARE I RISULTATI ARRIVERANNO!) beati loro che ci credono ancora....
Mi piacerebbe ricordare il grande Vittorio con i due articoli piu belli che meglio rappresentano questo grandissimo personaggio di qualità rarissima...
Un sabato sera dell'estate 1979. Una macchinina nero metallizzato, con il targhino di prova, sgomma a folle velocità e per venti minuti buoni tutto intorno a Bordighera vecchia. Poi inchioda di colpo sul piazzale, dove ancora adesso si gioca a bocce. La bambina di 6 anni e il bimbo di 10 che sono a bordo ridono come matti. Le mamme che hanno guardato lo spettacolo da terra, un po' meno.
Il guidatore scende felice come una pasqua e dice ai due amici di sempre: «Sentito che motore? È una bomba. Adesso la mettiamo in produzione». «Tre mesi che sei lì e già sei un perfetto tamarro» scherza il suo avvocato. Il rallista della domenica è l'ingegnere meccanico Vittorio Ghidella, morto lunedì a Lugano a 80 anni, ricordato in patria solo e unicamente come "il papà della Uno".
Ma la prima macchina a renderlo felice è stata proprio quella Fiat 127 Abarth, con cui girò in Liguria per tutta l'estate trentadue anni fa. La prima da amministratore delegato della Fiat, prima di essere defenestrato nel 1987 con l'accusa più surreale di tutti tempi: eccesso di "visione autocentrica". Dopo un braccio di ferro di anni con Cesare Romiti
«Io la marcia dei quarantamila non avrei saputo organizzarla. E da Cuccia in Mediobanca non sapevo che dire. A me piacevano le macchine e basta». Erano le uniche parole che gli si potevano strappare se si andava a trovarlo nell'esilio volontario di Lugano. Parole rigorosamente da tenere per sé, giusto a futura memoria. Poi attaccava a parlare di gestioni patrimoniali e complicati algoritmi per non perdere le fortune private dei suoi selezionati clienti svizzeri.
Ghidella non rilasciava interviste, a parte una, pochi mesi fa. Non si toglieva sassolini dalle scarpe, non sdottoreggiava sui tanti successori. Neanche dopo che la storia del Lingotto gli ha dato tristemente ragione. Tristemente, per le migliaia di posti di lavoro bruciati, per i miliardi di soldi pubblici e privati drenati dall'auto e investiti nelle famose "diversificazioni".
Quando rispondeva al telefono dal suo ritiro sulle alture di Lugano, declinava qualsiasi commento sulla Fiat. A chi lo andava a trovare in quella splendida casabottega, al piano terra aveva messo su una piccola boutique finanziaria e sopra c'erano gli appartamenti suoi e della moglie Giuliana, alla parola Fiat allargava le braccia e parlava di altro. Se proprio provocato con la storia dell'autocentrico, si faceva una bella risata e cambiava discorso.
Però quando parlava con i suoi amici stretti, come i due di Bordighera con i quali aveva spiccato il volo alla RivSkf, cuscinetti a sfera, non faceva il finto tonto. Sapeva benissimo che a Torino aveva perso la classica guerra di corte. E che allora quell'accusa di essere autocentrico spianò la strada alla crescita di un'altra Fiat.
Quella che dopo la sua cacciata si espanse nella finanza, nel settore difesa , nelle costruzioni civili. Ma non disse una parola neppure dopo Mani Pulite, quando i fasti di Gemina, Impregilo e SniaBorletti mostrarono la loro faccia nascosta. Giudiziaria e finanziaria.
Quando l'ingegnere vercellese che amava definirsi un mangianebbia fu cacciato, a Torino venne messa in giro la voce che fosse stato beccato con le mani in chissà quale marmellata. Nessuno lo denunciò mai. Nessuno glielo disse mai in faccia. La città intera se lo cucinò come neppure nella peggiore Palermo di inizio secolo. Ghidella sapeva che perfino il salumaio della Gran Madre e l'ultimo dei tassisti avevano la loro verità: «Era bravo, ma l'hanno beccato sui soldi».
La ditta "incriminata" si chiamava Rotra e faceva motorini per tergicristallo. Però era uno sputo nell'oceano dei fornitori Fiat. Un oceano nel quale la formidabile security di Mirafiori, che secondo la Cgil dell'epoca era dedita alle schedature degli operai, aveva invece il suo vero daffare. Con decine e decine di alti dirigenti passati ai raggi X per le presunte interessenze sugli acquisti.
Ghidella rideva anche di questo, nel suo esilio svizzero. Lui che neppure i figli di primo letto, li aveva fatti lavorare in Fiat. Come invece fecero puntualmente i suoi detrattori. A Ghidella piacevano le macchine. A Parigi, quando presentò la Uno ai dipendenti nel 1983, andò alla lavagna luminosa e la disegnò perfettamente da zero. Nessuno dei suoi successori, neppure Paolo Cantarella, avrebbe saputo ripetere uno show del genere.
In vacanza, apriva i cofani delle macchine, sfotteva gli amici rimasti «al soldo degli svedesi» che guidavano Volvo e Saab: «Noi adesso le faremo meglio, anche quelle grandi». Poi un giorno gli si è spenta la luce, di colpo. Quella bambina che urlava di gioia sulla 127 Abarth è morta in macchina a vent'anni, in Olanda, nel 1993. Si chiamava Amalia ed era pazzo di lei.
Casa sua era piena di foto con quegli occhioni verdi sgranati. Gli amici di lei erano ospiti graditi, ma bisognava andarsene presto. Troppo dolore. Chi ci ha lavorato davvero sa che Ghidella non era un "compagno" e neppure era stato un manager morbido, come avevano provato a descriverlo gli sconfitti della marcia dei Quarantamila, in odio a Romiti. Era amato da gran parte degli operai e dei quadri, ma aveva idee precise sui costi da tagliare.
Quand'era in Fiat, ogni tanto ripeteva questa vecchia battuta: «Se domani mattina le centinaia di dirigenti che ci sono qui s'impiccassero tutti nei bagni, non ce ne accorgeremmo per mesi». Però quando alla Skf scoprì che non c'era l'aria condizionata negli stabilimenti del Sud, era il '75, la fece installare dopo un approfondito dibattito con il capo del personale. Di minuti cinque.
Non capisco perchè appena si elogia una persona , qualcuno deve fare una lista altrettanto nota ...CI SONO ANCHE QUESTI QUA.....che nOIA!!!!!!
Sorvolando sulle favole e sulle promesse di ciò che era e che mai più sarà ( mi ricordo voci prepotenti anni fa in questo ed altri forum..simili a quelle berlusconiane che intonavano un LASCIAMOLO LAVORARE, LASCIAMOLO FARE I RISULTATI ARRIVERANNO!) beati loro che ci credono ancora....
Mi piacerebbe ricordare il grande Vittorio con i due articoli piu belli che meglio rappresentano questo grandissimo personaggio di qualità rarissima...
Un sabato sera dell'estate 1979. Una macchinina nero metallizzato, con il targhino di prova, sgomma a folle velocità e per venti minuti buoni tutto intorno a Bordighera vecchia. Poi inchioda di colpo sul piazzale, dove ancora adesso si gioca a bocce. La bambina di 6 anni e il bimbo di 10 che sono a bordo ridono come matti. Le mamme che hanno guardato lo spettacolo da terra, un po' meno.
Il guidatore scende felice come una pasqua e dice ai due amici di sempre: «Sentito che motore? È una bomba. Adesso la mettiamo in produzione». «Tre mesi che sei lì e già sei un perfetto tamarro» scherza il suo avvocato. Il rallista della domenica è l'ingegnere meccanico Vittorio Ghidella, morto lunedì a Lugano a 80 anni, ricordato in patria solo e unicamente come "il papà della Uno".
Ma la prima macchina a renderlo felice è stata proprio quella Fiat 127 Abarth, con cui girò in Liguria per tutta l'estate trentadue anni fa. La prima da amministratore delegato della Fiat, prima di essere defenestrato nel 1987 con l'accusa più surreale di tutti tempi: eccesso di "visione autocentrica". Dopo un braccio di ferro di anni con Cesare Romiti
«Io la marcia dei quarantamila non avrei saputo organizzarla. E da Cuccia in Mediobanca non sapevo che dire. A me piacevano le macchine e basta». Erano le uniche parole che gli si potevano strappare se si andava a trovarlo nell'esilio volontario di Lugano. Parole rigorosamente da tenere per sé, giusto a futura memoria. Poi attaccava a parlare di gestioni patrimoniali e complicati algoritmi per non perdere le fortune private dei suoi selezionati clienti svizzeri.
Ghidella non rilasciava interviste, a parte una, pochi mesi fa. Non si toglieva sassolini dalle scarpe, non sdottoreggiava sui tanti successori. Neanche dopo che la storia del Lingotto gli ha dato tristemente ragione. Tristemente, per le migliaia di posti di lavoro bruciati, per i miliardi di soldi pubblici e privati drenati dall'auto e investiti nelle famose "diversificazioni".
Quando rispondeva al telefono dal suo ritiro sulle alture di Lugano, declinava qualsiasi commento sulla Fiat. A chi lo andava a trovare in quella splendida casabottega, al piano terra aveva messo su una piccola boutique finanziaria e sopra c'erano gli appartamenti suoi e della moglie Giuliana, alla parola Fiat allargava le braccia e parlava di altro. Se proprio provocato con la storia dell'autocentrico, si faceva una bella risata e cambiava discorso.
Però quando parlava con i suoi amici stretti, come i due di Bordighera con i quali aveva spiccato il volo alla RivSkf, cuscinetti a sfera, non faceva il finto tonto. Sapeva benissimo che a Torino aveva perso la classica guerra di corte. E che allora quell'accusa di essere autocentrico spianò la strada alla crescita di un'altra Fiat.
Quella che dopo la sua cacciata si espanse nella finanza, nel settore difesa , nelle costruzioni civili. Ma non disse una parola neppure dopo Mani Pulite, quando i fasti di Gemina, Impregilo e SniaBorletti mostrarono la loro faccia nascosta. Giudiziaria e finanziaria.
Quando l'ingegnere vercellese che amava definirsi un mangianebbia fu cacciato, a Torino venne messa in giro la voce che fosse stato beccato con le mani in chissà quale marmellata. Nessuno lo denunciò mai. Nessuno glielo disse mai in faccia. La città intera se lo cucinò come neppure nella peggiore Palermo di inizio secolo. Ghidella sapeva che perfino il salumaio della Gran Madre e l'ultimo dei tassisti avevano la loro verità: «Era bravo, ma l'hanno beccato sui soldi».
La ditta "incriminata" si chiamava Rotra e faceva motorini per tergicristallo. Però era uno sputo nell'oceano dei fornitori Fiat. Un oceano nel quale la formidabile security di Mirafiori, che secondo la Cgil dell'epoca era dedita alle schedature degli operai, aveva invece il suo vero daffare. Con decine e decine di alti dirigenti passati ai raggi X per le presunte interessenze sugli acquisti.
Ghidella rideva anche di questo, nel suo esilio svizzero. Lui che neppure i figli di primo letto, li aveva fatti lavorare in Fiat. Come invece fecero puntualmente i suoi detrattori. A Ghidella piacevano le macchine. A Parigi, quando presentò la Uno ai dipendenti nel 1983, andò alla lavagna luminosa e la disegnò perfettamente da zero. Nessuno dei suoi successori, neppure Paolo Cantarella, avrebbe saputo ripetere uno show del genere.
In vacanza, apriva i cofani delle macchine, sfotteva gli amici rimasti «al soldo degli svedesi» che guidavano Volvo e Saab: «Noi adesso le faremo meglio, anche quelle grandi». Poi un giorno gli si è spenta la luce, di colpo. Quella bambina che urlava di gioia sulla 127 Abarth è morta in macchina a vent'anni, in Olanda, nel 1993. Si chiamava Amalia ed era pazzo di lei.
Casa sua era piena di foto con quegli occhioni verdi sgranati. Gli amici di lei erano ospiti graditi, ma bisognava andarsene presto. Troppo dolore. Chi ci ha lavorato davvero sa che Ghidella non era un "compagno" e neppure era stato un manager morbido, come avevano provato a descriverlo gli sconfitti della marcia dei Quarantamila, in odio a Romiti. Era amato da gran parte degli operai e dei quadri, ma aveva idee precise sui costi da tagliare.
Quand'era in Fiat, ogni tanto ripeteva questa vecchia battuta: «Se domani mattina le centinaia di dirigenti che ci sono qui s'impiccassero tutti nei bagni, non ce ne accorgeremmo per mesi». Però quando alla Skf scoprì che non c'era l'aria condizionata negli stabilimenti del Sud, era il '75, la fece installare dopo un approfondito dibattito con il capo del personale. Di minuti cinque.
«Io la marcia dei quarantamila non avrei saputo organizzarla. E di Cuccia in Mediobanca non sapevo che dire. A me piacevano le macchine e basta».
Vittorio Ghidella
Vittorio Ghidella
Re: Oggi avrebbe compiuto 81 anni.....
Nel 1978, la stanza C 14 al secondo piano della palazzina uffici dello stabilimento Fiat di Mirafiori è occupata da un personaggio “misterioso”. Vittorio Ghidella è un uomo di bassa statura, asciutto nel fisico e nei modi.
Il profilo del volto, a metà tra quello di Nuvolari e Valletta, denuncia un rigore che sfiora il misticismo. La targhetta sulla porta del suo ufficio recita: “Direzione autoveicoli Fiat”. Vittorio Ghidella si muove con circospezione ma intorno a lui si agitano e gonfiano indiscrezioni di ogni tipo.
Nato a Vercelli, laureato in ingegneria meccanica al politecnico di Torino, aveva manifestato già all’origine quella volontà che, continuamente esercitata, si sarebbe tramutata in una dedizione assoluta e esclusiva al ruolo. Una lente attraverso la quale tutte le capacita dell’uomo si concentrano per raggiungere gli obiettivi prefissati senza nulla concedere al contorno. Un micidiale strumento di guerra che lo avrebbe portato rapidamente dagli stanzoni dell’ufficio tecnico, dove la ripetitività e la parcellizzazione degli incarichi è in grado di fiaccare qualunque entusiasmo, alla direzione dello stabilimento del Lingotto.
Poi in giro per l’Europa. Amministratore delegato della RIV – SKF, incarico che mantiene anche quando la proprietà passa nelle mani degli svedesi. Ben disposti a mettere da parte ogni diffidenza pur di assicurarsi la competenza di quell’italiano atipico, così diverso dagli stereotipi profondamente radicati nel nord Europa, capace di coniugare rigore e competenza e che ha fatto dello svedese la sua seconda lingua.
Arriviamo al 1978. La telefonata di convocazione del presidente della Fiat lo raggiunge a Chicago. Sta per essere nominato amministratore delegato della Allis, la divisione macchine movimento terra della holding torinese. Cerca una casa e l’ha appena trovata. Una villa in legno. Una staccionata intorno, il lago Michigan di fronte. L’Avvocato lo chiama a Torino. E’ lui l’uomo destinato a prendere in mano il settore auto al posto di Nicola Tufarelli.
Alla fine degli anni 70 non si parla ancora di “fusione fredda” ma ben presto a Mirafiori imparano a fare i conti con la “passione fredda” di Vittorio Ghidella, il nuovo amministratore delegato della Fiat Auto. Apparentemente una contraddizione in termini. La passione, specie quella per l’auto, è calda, addirittura rovente. Qualche volta aiuta a superare gli ostacoli, più spesso a trascurare i conti.
La “passione fredda” di Vittorio Ghidella è il frutto di una rara combinazione di competenza e entusiasmo in salsa pessimista, guarnita con un pizzico di cinismo. E’ la ricetta di quella pozione magica che avrebbe consentito di riprendere in breve tempo il controllo di una struttura gravemente compromessa. Con oltre il 60 per cento di quota sul mercato interno la Fiat è ancora un costruttore monopolista ma la redditività è insoddisfacente. L’ingresso di Gheddafi nell’ azionariato contribuisce a sanare una congiuntura economica e finanziaria ai limiti del collasso ma costa cara sul piano dell’immagine internazionale.
E’ raro trovare Ghidella nel suo ufficio al secondo piano di Mirafiori. Dopo Nicola Tufarelli, amministratore delegato senza patente, arriva Vittorio Ghidella che la patente ce l’ha. Eccome.
Sale in macchina, parla il linguaggio dei collaudatori: “le auto si giudicano con il culo !”.
Costruisce la sua immagine procedendo dal basso verso l’alto, con il vantaggio di far leva sulla Fiat più sana, quella delle “corporazioni e dei mestieri”. Si procura le informazioni direttamente alla fonte, saltando ogni mediazione che, secondo un principio di indeterminazione, valido nei rapporti personali come in fisica, modifica necessariamente il contenuto del messaggio.
Non c’è spazio per superficialità ed approssimazione. Le domande dell’Amministratore Delegato, spietatamente sequenziali, richiedono risposte motivate e precise. Perché ad ogni incertezza si infittisce una tela di ragno nella quale la vittima si avvolge sempre più mentre lotta per liberarsene.
I comitati direttivi perdono la consolidata ritualità per assumere l’aspetto di psicodrammi nei quali le tensioni che prima si esaurivano nelle mediazioni di corridoio, esplodono con pubblica, inaudita violenza.
Dalla progressiva demolizione delle sovrastrutture riemerge il vero ruolo dell’amministratore delegato: arbitro unico del raggiungimento del punto di equilibrio più favorevole tra le diverse funzioni aziendali in rapporto al mercato. Per la prima volta ingegneria di prodotto, sperimentazione e produzione fanno capo ad un solo ente iniziando un nuovo modo di intendere la progettazione, sintetizzato in quello slogan: “progettare per produrre”, che riassumerà in pieno la filosofia del motore FIRE.
Vittorio Ghidella guida l’automobile. Di più, guida tutte le automobili che gli arrivano a tiro. Una insaziabile voracità di esperienze, una puntigliosa attenzione al dettaglio incrociata con la lucidità necessaria per passare dal particolare al generale e, soprattutto, la capacità di identificarsi senza riserve con il cliente, infrangendo le sbarre di quella gabbia di tecnicismo che isola la Fiat dal mercato.
Vittorio Ghidella la libera da quel complesso di superiorità nato, coltivato e cresciuto nella convinzione dell’esistenza di una subordinazione culturale del cliente rispetto alla fabbrica. Al volante dimentica ruolo e competenze, condizionamenti e politiche di marketing, riuscendo così a valutare aprioristicamente il prodotto e diventando di conseguenza il primo garante dei desideri e delle aspettative del cliente. E’ questo il contesto che rende possibile il “miracolo Uno”.
Chiunque in quegli anni volesse andare da Torino per Genova a Roma, percorrendo l’Aurelia, giunto all’altezza di Livorno doveva prepararsi ad affrontare il colle Salvetti. Un “ottovolante” fatto di curve e controcurve, di salite e discese. Vittorio Ghidella va su e giù da “Colle Salvetti” al volante dei prototipi che prefigurano la futura Uno.
Auto sorprendente, la Uno. In fabbrica lo chiamano effetto “Eta Beta”. Nei suoi minuscoli calzoncini la creatura di Walt Disney nasconde un intero supermercato. La Uno fa lo stesso effetto. Una utilitaria fuori ma, all’interno, un confort da fare invidia all’ammiraglia dell’epoca, l’Argenta. E’ il risultato della perfetta intesa tra Ghidella e Giugiaro che subito si traduce in motore di innovazione.
Ci vuole coraggio ad alzare il piano di seduta per aumentare lo spazio a disposizione dei passeggeri senza intervenire sugli ingombri in pianta ma semplicemente sfruttando la maggiore altezza della vettura. La Fiat, nel 1968, grazie a Pio Manzù,” ha proposto uno studio per un taxi che anticipa questa soluzione e Giugiaro riprende lo stesso concetto nel 1978 con la Megagamma. Con la Uno l’utopia del passato si trasforma in realtà produttiva e commerciale. La Fiat ritrova il coraggio di innovare. Nasce il marketing moderno, non più volto soltanto a soddisfare i bisogni dell’utente ma piuttosto ad anticipare e orientare desideri non ancora espressi.
Giovanni Agnelli, con una punta di derisione, lo chiama il “monaco” per la dedizione al mestiere, certamente, ma anche per la scarsa propensione al sorriso e per un atteggiamento improntato ad un esasperato realismo che qualcuno, il presidente della Fiat tra questi, interpreta come la manifestazione di un pessimismo potenzialmente distruttivo.
In una azienda nella quale l’ attenta lettura di Novella 2000 si rivela più utile della perfetta conoscenza dei “paper SAE” al fine di incuriosire e compiacere i propri capi, Vittorio Ghidella rappresenta un corpo estraneo.
Il suo stile di vita, improntato ad un rigore che si trasferisce senza mutamenti di rilievo dall’ufficio al secondo piano della palazzina di Mirafiori alla villa di viale Curreno nella precollina di Torino, dove abita con la moglie Giuliana e la figlia Amalia, la ristretta cerchia di amici. scelti con attenzione al di fuori dell’ambiente Fiat, non contribuiscono certo a farlo accettare in una comunità che per legittimare la propria esistenza si affida più alla formalità del rito che alla sostanza dell’azione.
Poco incline al sorriso Ghidella non cambia espressione neppure quando, nel 1987, presenta all’avvocato un bilancio record. Agnelli e Romiti , interpretano il brillante risultato come una opportunità di ulteriore diversificazione del gruppo da perseguire attraverso nuove acquisizioni.
Ma la diversificazione è anche il mezzo per contrastare l’ascesa di un manager che sembra ormai inarrestabile. Nel 1987 il peso dell’auto all’interno della Fiat è in continua crescita e la stampa ha ormai sancito l’equazione: auto = Ghidella e la Fiat Auto si propone sempre più come una regione a statuto speciale in grado di offrire ai suoi abitanti tutta una serie di benefici che accentuano e rafforzano lo spirito di corpo. E di intollerabile indipendenza.
Ma qui comincia una altra storia, ancora tutta da raccontare.
MAURO COPPINI
GRAZIE VITTORIO!!!!!!!!!
Il profilo del volto, a metà tra quello di Nuvolari e Valletta, denuncia un rigore che sfiora il misticismo. La targhetta sulla porta del suo ufficio recita: “Direzione autoveicoli Fiat”. Vittorio Ghidella si muove con circospezione ma intorno a lui si agitano e gonfiano indiscrezioni di ogni tipo.
Nato a Vercelli, laureato in ingegneria meccanica al politecnico di Torino, aveva manifestato già all’origine quella volontà che, continuamente esercitata, si sarebbe tramutata in una dedizione assoluta e esclusiva al ruolo. Una lente attraverso la quale tutte le capacita dell’uomo si concentrano per raggiungere gli obiettivi prefissati senza nulla concedere al contorno. Un micidiale strumento di guerra che lo avrebbe portato rapidamente dagli stanzoni dell’ufficio tecnico, dove la ripetitività e la parcellizzazione degli incarichi è in grado di fiaccare qualunque entusiasmo, alla direzione dello stabilimento del Lingotto.
Poi in giro per l’Europa. Amministratore delegato della RIV – SKF, incarico che mantiene anche quando la proprietà passa nelle mani degli svedesi. Ben disposti a mettere da parte ogni diffidenza pur di assicurarsi la competenza di quell’italiano atipico, così diverso dagli stereotipi profondamente radicati nel nord Europa, capace di coniugare rigore e competenza e che ha fatto dello svedese la sua seconda lingua.
Arriviamo al 1978. La telefonata di convocazione del presidente della Fiat lo raggiunge a Chicago. Sta per essere nominato amministratore delegato della Allis, la divisione macchine movimento terra della holding torinese. Cerca una casa e l’ha appena trovata. Una villa in legno. Una staccionata intorno, il lago Michigan di fronte. L’Avvocato lo chiama a Torino. E’ lui l’uomo destinato a prendere in mano il settore auto al posto di Nicola Tufarelli.
Alla fine degli anni 70 non si parla ancora di “fusione fredda” ma ben presto a Mirafiori imparano a fare i conti con la “passione fredda” di Vittorio Ghidella, il nuovo amministratore delegato della Fiat Auto. Apparentemente una contraddizione in termini. La passione, specie quella per l’auto, è calda, addirittura rovente. Qualche volta aiuta a superare gli ostacoli, più spesso a trascurare i conti.
La “passione fredda” di Vittorio Ghidella è il frutto di una rara combinazione di competenza e entusiasmo in salsa pessimista, guarnita con un pizzico di cinismo. E’ la ricetta di quella pozione magica che avrebbe consentito di riprendere in breve tempo il controllo di una struttura gravemente compromessa. Con oltre il 60 per cento di quota sul mercato interno la Fiat è ancora un costruttore monopolista ma la redditività è insoddisfacente. L’ingresso di Gheddafi nell’ azionariato contribuisce a sanare una congiuntura economica e finanziaria ai limiti del collasso ma costa cara sul piano dell’immagine internazionale.
E’ raro trovare Ghidella nel suo ufficio al secondo piano di Mirafiori. Dopo Nicola Tufarelli, amministratore delegato senza patente, arriva Vittorio Ghidella che la patente ce l’ha. Eccome.
Sale in macchina, parla il linguaggio dei collaudatori: “le auto si giudicano con il culo !”.
Costruisce la sua immagine procedendo dal basso verso l’alto, con il vantaggio di far leva sulla Fiat più sana, quella delle “corporazioni e dei mestieri”. Si procura le informazioni direttamente alla fonte, saltando ogni mediazione che, secondo un principio di indeterminazione, valido nei rapporti personali come in fisica, modifica necessariamente il contenuto del messaggio.
Non c’è spazio per superficialità ed approssimazione. Le domande dell’Amministratore Delegato, spietatamente sequenziali, richiedono risposte motivate e precise. Perché ad ogni incertezza si infittisce una tela di ragno nella quale la vittima si avvolge sempre più mentre lotta per liberarsene.
I comitati direttivi perdono la consolidata ritualità per assumere l’aspetto di psicodrammi nei quali le tensioni che prima si esaurivano nelle mediazioni di corridoio, esplodono con pubblica, inaudita violenza.
Dalla progressiva demolizione delle sovrastrutture riemerge il vero ruolo dell’amministratore delegato: arbitro unico del raggiungimento del punto di equilibrio più favorevole tra le diverse funzioni aziendali in rapporto al mercato. Per la prima volta ingegneria di prodotto, sperimentazione e produzione fanno capo ad un solo ente iniziando un nuovo modo di intendere la progettazione, sintetizzato in quello slogan: “progettare per produrre”, che riassumerà in pieno la filosofia del motore FIRE.
Vittorio Ghidella guida l’automobile. Di più, guida tutte le automobili che gli arrivano a tiro. Una insaziabile voracità di esperienze, una puntigliosa attenzione al dettaglio incrociata con la lucidità necessaria per passare dal particolare al generale e, soprattutto, la capacità di identificarsi senza riserve con il cliente, infrangendo le sbarre di quella gabbia di tecnicismo che isola la Fiat dal mercato.
Vittorio Ghidella la libera da quel complesso di superiorità nato, coltivato e cresciuto nella convinzione dell’esistenza di una subordinazione culturale del cliente rispetto alla fabbrica. Al volante dimentica ruolo e competenze, condizionamenti e politiche di marketing, riuscendo così a valutare aprioristicamente il prodotto e diventando di conseguenza il primo garante dei desideri e delle aspettative del cliente. E’ questo il contesto che rende possibile il “miracolo Uno”.
Chiunque in quegli anni volesse andare da Torino per Genova a Roma, percorrendo l’Aurelia, giunto all’altezza di Livorno doveva prepararsi ad affrontare il colle Salvetti. Un “ottovolante” fatto di curve e controcurve, di salite e discese. Vittorio Ghidella va su e giù da “Colle Salvetti” al volante dei prototipi che prefigurano la futura Uno.
Auto sorprendente, la Uno. In fabbrica lo chiamano effetto “Eta Beta”. Nei suoi minuscoli calzoncini la creatura di Walt Disney nasconde un intero supermercato. La Uno fa lo stesso effetto. Una utilitaria fuori ma, all’interno, un confort da fare invidia all’ammiraglia dell’epoca, l’Argenta. E’ il risultato della perfetta intesa tra Ghidella e Giugiaro che subito si traduce in motore di innovazione.
Ci vuole coraggio ad alzare il piano di seduta per aumentare lo spazio a disposizione dei passeggeri senza intervenire sugli ingombri in pianta ma semplicemente sfruttando la maggiore altezza della vettura. La Fiat, nel 1968, grazie a Pio Manzù,” ha proposto uno studio per un taxi che anticipa questa soluzione e Giugiaro riprende lo stesso concetto nel 1978 con la Megagamma. Con la Uno l’utopia del passato si trasforma in realtà produttiva e commerciale. La Fiat ritrova il coraggio di innovare. Nasce il marketing moderno, non più volto soltanto a soddisfare i bisogni dell’utente ma piuttosto ad anticipare e orientare desideri non ancora espressi.
Giovanni Agnelli, con una punta di derisione, lo chiama il “monaco” per la dedizione al mestiere, certamente, ma anche per la scarsa propensione al sorriso e per un atteggiamento improntato ad un esasperato realismo che qualcuno, il presidente della Fiat tra questi, interpreta come la manifestazione di un pessimismo potenzialmente distruttivo.
In una azienda nella quale l’ attenta lettura di Novella 2000 si rivela più utile della perfetta conoscenza dei “paper SAE” al fine di incuriosire e compiacere i propri capi, Vittorio Ghidella rappresenta un corpo estraneo.
Il suo stile di vita, improntato ad un rigore che si trasferisce senza mutamenti di rilievo dall’ufficio al secondo piano della palazzina di Mirafiori alla villa di viale Curreno nella precollina di Torino, dove abita con la moglie Giuliana e la figlia Amalia, la ristretta cerchia di amici. scelti con attenzione al di fuori dell’ambiente Fiat, non contribuiscono certo a farlo accettare in una comunità che per legittimare la propria esistenza si affida più alla formalità del rito che alla sostanza dell’azione.
Poco incline al sorriso Ghidella non cambia espressione neppure quando, nel 1987, presenta all’avvocato un bilancio record. Agnelli e Romiti , interpretano il brillante risultato come una opportunità di ulteriore diversificazione del gruppo da perseguire attraverso nuove acquisizioni.
Ma la diversificazione è anche il mezzo per contrastare l’ascesa di un manager che sembra ormai inarrestabile. Nel 1987 il peso dell’auto all’interno della Fiat è in continua crescita e la stampa ha ormai sancito l’equazione: auto = Ghidella e la Fiat Auto si propone sempre più come una regione a statuto speciale in grado di offrire ai suoi abitanti tutta una serie di benefici che accentuano e rafforzano lo spirito di corpo. E di intollerabile indipendenza.
Ma qui comincia una altra storia, ancora tutta da raccontare.
MAURO COPPINI
GRAZIE VITTORIO!!!!!!!!!
«Io la marcia dei quarantamila non avrei saputo organizzarla. E di Cuccia in Mediobanca non sapevo che dire. A me piacevano le macchine e basta».
Vittorio Ghidella
Vittorio Ghidella
Re: Oggi avrebbe compiuto 81 anni.....
ghidella Scritto:
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> Beh che dire, uso il suo nome per il mio
> username...ho fatto la sua pagina su wikipedia e
> da 10 anni rompo le scatole , ed ad ogni occasione
> cerco di ricordarlo e di farlo conoscere magari a
> chi adesso ha 18-20 anni...è il mio guru .. e
> ringrazio per questo l'amico lancista che ha
> aperto questo post.
> Non capisco perchè appena si elogia una persona ,
> qualcuno deve fare una lista altrettanto nota
> ...CI SONO ANCHE QUESTI QUA.....che nOIA!!!!!!
ciao,. fa piacere ovviamente leggere la tua opinione sul grande Ghidella, persona peraltro ben riconosciuta e se vuoi "rimpianta" dai fan dell'auto italiana ma non dovrebbe nemmeno essere in discussione su un forum il fatto che questo è.... UN FORUM, ovvero uno spazio di discussione che serve appunto anche per confrontare punti di vista diversi su determinati argomenti, inclusi quelli piuttosto "scontati" come la grandezza di Ghidella che magari qualcuno, con visioni diverse, non vede cosi "scontata" nella direzione piu conosciuta.
Per questo permettimi di dire che non si puo criticare chi aggiunge qualche punto di discussione e in particolare se in un post iniziale magari si fa una classifica su chi è piu grande o meno grande nella storia Lancia.... forse per chi ha la visione dell'auto a mo' di Thema e Delta è certamente Ghidella il piu importante.. ma permettarai per esempio che chi ha conosciuto la Lancia per la sua "ricercatezza" tecnica (anche assurda e fallimentare...) veda ad esempio in Vincenzo lancia, Gianni Lancia ma anche Fessia tecnici se vuoi "piu affascinanti" di chi invece ha razionalizzato molto la Lancia? E ancora... permetterai che chi invece è appassionato di Lancia perche ha conosciuto la testardaggine di Cesare Fiorio nel far correre auto considerate "pachiderma" (poi umiliando il mondo) metta nelle Lancia a concezione Fiorio le Lancia in cui si riconosce?
C'è persino chi è fan della Lancia voluta da Cantarella..... ;P
Ognuno ha la sua visione e lasciamo che sul forum si discuta di questo in modo civile senza che qualcuno "taccia" chi la pensa diversamente
Questo non vuol dire che si sminuisce la figura anche piu riconosciuta ma semplicemente che si pongono a paragone di una visione dell'auto e della Lancia che aveva Ghidella, altre visioni e successi (forse non di altrettanto successo commerciale) ma altrettanto meritevoli che andavano contro una visione unanimente riconosciuta grande come quella di Ghidella. Che certo cmq la Lancia degli ultimi 20 anni rimpiange...
ciao
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> Beh che dire, uso il suo nome per il mio
> username...ho fatto la sua pagina su wikipedia e
> da 10 anni rompo le scatole , ed ad ogni occasione
> cerco di ricordarlo e di farlo conoscere magari a
> chi adesso ha 18-20 anni...è il mio guru .. e
> ringrazio per questo l'amico lancista che ha
> aperto questo post.
> Non capisco perchè appena si elogia una persona ,
> qualcuno deve fare una lista altrettanto nota
> ...CI SONO ANCHE QUESTI QUA.....che nOIA!!!!!!
ciao,. fa piacere ovviamente leggere la tua opinione sul grande Ghidella, persona peraltro ben riconosciuta e se vuoi "rimpianta" dai fan dell'auto italiana ma non dovrebbe nemmeno essere in discussione su un forum il fatto che questo è.... UN FORUM, ovvero uno spazio di discussione che serve appunto anche per confrontare punti di vista diversi su determinati argomenti, inclusi quelli piuttosto "scontati" come la grandezza di Ghidella che magari qualcuno, con visioni diverse, non vede cosi "scontata" nella direzione piu conosciuta.
Per questo permettimi di dire che non si puo criticare chi aggiunge qualche punto di discussione e in particolare se in un post iniziale magari si fa una classifica su chi è piu grande o meno grande nella storia Lancia.... forse per chi ha la visione dell'auto a mo' di Thema e Delta è certamente Ghidella il piu importante.. ma permettarai per esempio che chi ha conosciuto la Lancia per la sua "ricercatezza" tecnica (anche assurda e fallimentare...) veda ad esempio in Vincenzo lancia, Gianni Lancia ma anche Fessia tecnici se vuoi "piu affascinanti" di chi invece ha razionalizzato molto la Lancia? E ancora... permetterai che chi invece è appassionato di Lancia perche ha conosciuto la testardaggine di Cesare Fiorio nel far correre auto considerate "pachiderma" (poi umiliando il mondo) metta nelle Lancia a concezione Fiorio le Lancia in cui si riconosce?
C'è persino chi è fan della Lancia voluta da Cantarella..... ;P
Ognuno ha la sua visione e lasciamo che sul forum si discuta di questo in modo civile senza che qualcuno "taccia" chi la pensa diversamente
Questo non vuol dire che si sminuisce la figura anche piu riconosciuta ma semplicemente che si pongono a paragone di una visione dell'auto e della Lancia che aveva Ghidella, altre visioni e successi (forse non di altrettanto successo commerciale) ma altrettanto meritevoli che andavano contro una visione unanimente riconosciuta grande come quella di Ghidella. Che certo cmq la Lancia degli ultimi 20 anni rimpiange...
ciao
Re: Oggi avrebbe compiuto 81 anni.....
Sicuramente non avrei una beta coupe 1 serie , non mi sarei fatto 250 km per avere la targa TO....
Non discuto e mi inchino , davanti ai nomi che hai fatto, nessuna polemicha, il mio discorso nel senso lato si riferiva anche all'uomo Ghidella,al personaggio complessivo , a quella qualità rarissima che venne sottolineata dal suo antagonista (Romiti nel suo libro autobiografico) ad una serie infinita di successi legati ad una particolare stagione che andava a mischiarsi sia con la qualità elevata dell'uomo del meccanico,dell'ingegnere e del manager Ghidella...
un saluto
Non discuto e mi inchino , davanti ai nomi che hai fatto, nessuna polemicha, il mio discorso nel senso lato si riferiva anche all'uomo Ghidella,al personaggio complessivo , a quella qualità rarissima che venne sottolineata dal suo antagonista (Romiti nel suo libro autobiografico) ad una serie infinita di successi legati ad una particolare stagione che andava a mischiarsi sia con la qualità elevata dell'uomo del meccanico,dell'ingegnere e del manager Ghidella...
un saluto
«Io la marcia dei quarantamila non avrei saputo organizzarla. E di Cuccia in Mediobanca non sapevo che dire. A me piacevano le macchine e basta».
Vittorio Ghidella
Vittorio Ghidella