La Ferrari 250 GTE con le stellette.
Inviato: 08 lug 2009, 23:47
Vedere oggi sfrecciare in autostrada una Lamborghini Gallardo non fa molta impressione, nemmeno se porta i colori della Polizia stradale.
Ma immagino come sgranarono gli occhi i romani quando, nell’estate del 1962, si accorsero che la vettura nera della Polizia che stava transitando rombante in via Veneto non era la solita Alfa 1900, bensì una fiammante Ferrari 250.
Erano anni difficili quelli, lo Stato stava ancora un passo indietro rispetto al progresso tecnologico e la malavita era diventata feroce ben organizzata. Fino ad allora i posti di blocco venivano organizzati con i gipponi rossi ex-US Army ed il capo pattuglia chiamava la centrale via telefono ogni mezz’ora, mentre la cosiddetta volante era una solo vettura che partiva su richiesta.
Così durante una concitata riunione con i suoi uomini il Prefetto Vicari, capo della Polizia, sbottò con un: “Ma insomma, di cosa avreste bisogno?” Ed in mezzo al fumo di tante sigarette si alzò un sottufficiale che, senza peli sulla lingua, rispose: “Di una Ferrari, eccellenza!” Quell’uomo era il brigadiere Spatafora.
Poliziotto tutto d’un pezzo e molto abile, la mala lo aveva soprannominato Lince e lo temeva, era capace persino di arrestare i borseggiatori sull’autobus mentre si recava al lavoro. Il prefetto lo accontentò e lo inviò insieme ad altri 3 colleghi (Annichiarico, De Santis e Savi) a Maranello per un corso di guida veloce.
E fu così che vennero formati due mitici equipaggi. La leggenda narra che, in una notte del marzo 1964, Spatafora si lanciò all’inseguimento di un noto ladro di auto sportive a sirene spiegate. Dopo un rocambolesco percorso sui marciapiedi di ponte Milvio, una serie di sportellate, derapate e controsterzi, il ladro si fece coraggio e pur di sfuggire con un’Alfa 6C 2500, si lanciò giù dalla scalinata di Trinità dei Monti. Ma Spatafora gli mise i braccialetti ai polsi appena arrivò in fondo. L’Alfa aveva un semiasse spezzato, la coppa dell’olio crepata e 3 gomme esplose. Il Ministero degli interni non confermò mai l’avvenuto, ma neanche lo smentì. Però la fattura del "tagliando" della Ferrari riportava la sostituzione della scatola del cambio, di una balestra, di 4 gomme, etc. etc.
L’auto in questione era una Ferrari 250 GTE, coupè 2+2, carrozzata da Pininfarina e strettamente di serie, tranne il lampeggiante e la radio. Anche sul motore sono nate tante leggende, ma il restauro conservativo le ha tutte smentite. La GTE era equipaggiata con un 2953cc V12, il tipo 125 progettato dall’ing.Colombo, alimentato da 3 carburatori Weber da 36 e sviluppava 237 CV. Restò in produzione fino al 1964. Le vetture della Squadra Mobile rimasero in servizio fino al 1973.
Quella di Spatafora, dopo un accurato restauro, è conservata al Museo della Polizia e partecipa alle competizioni storiche di regolarità.
Nella foto in b/n Spatafora è il primo a destra.
Ma immagino come sgranarono gli occhi i romani quando, nell’estate del 1962, si accorsero che la vettura nera della Polizia che stava transitando rombante in via Veneto non era la solita Alfa 1900, bensì una fiammante Ferrari 250.
Erano anni difficili quelli, lo Stato stava ancora un passo indietro rispetto al progresso tecnologico e la malavita era diventata feroce ben organizzata. Fino ad allora i posti di blocco venivano organizzati con i gipponi rossi ex-US Army ed il capo pattuglia chiamava la centrale via telefono ogni mezz’ora, mentre la cosiddetta volante era una solo vettura che partiva su richiesta.
Così durante una concitata riunione con i suoi uomini il Prefetto Vicari, capo della Polizia, sbottò con un: “Ma insomma, di cosa avreste bisogno?” Ed in mezzo al fumo di tante sigarette si alzò un sottufficiale che, senza peli sulla lingua, rispose: “Di una Ferrari, eccellenza!” Quell’uomo era il brigadiere Spatafora.
Poliziotto tutto d’un pezzo e molto abile, la mala lo aveva soprannominato Lince e lo temeva, era capace persino di arrestare i borseggiatori sull’autobus mentre si recava al lavoro. Il prefetto lo accontentò e lo inviò insieme ad altri 3 colleghi (Annichiarico, De Santis e Savi) a Maranello per un corso di guida veloce.
E fu così che vennero formati due mitici equipaggi. La leggenda narra che, in una notte del marzo 1964, Spatafora si lanciò all’inseguimento di un noto ladro di auto sportive a sirene spiegate. Dopo un rocambolesco percorso sui marciapiedi di ponte Milvio, una serie di sportellate, derapate e controsterzi, il ladro si fece coraggio e pur di sfuggire con un’Alfa 6C 2500, si lanciò giù dalla scalinata di Trinità dei Monti. Ma Spatafora gli mise i braccialetti ai polsi appena arrivò in fondo. L’Alfa aveva un semiasse spezzato, la coppa dell’olio crepata e 3 gomme esplose. Il Ministero degli interni non confermò mai l’avvenuto, ma neanche lo smentì. Però la fattura del "tagliando" della Ferrari riportava la sostituzione della scatola del cambio, di una balestra, di 4 gomme, etc. etc.
L’auto in questione era una Ferrari 250 GTE, coupè 2+2, carrozzata da Pininfarina e strettamente di serie, tranne il lampeggiante e la radio. Anche sul motore sono nate tante leggende, ma il restauro conservativo le ha tutte smentite. La GTE era equipaggiata con un 2953cc V12, il tipo 125 progettato dall’ing.Colombo, alimentato da 3 carburatori Weber da 36 e sviluppava 237 CV. Restò in produzione fino al 1964. Le vetture della Squadra Mobile rimasero in servizio fino al 1973.
Quella di Spatafora, dopo un accurato restauro, è conservata al Museo della Polizia e partecipa alle competizioni storiche di regolarità.
Nella foto in b/n Spatafora è il primo a destra.