Suzu600 Scritto:
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> Anno 1992/1993, gli accordi di maastricht, 12
> paesi europei firmarono un sacco di minchiate
> irrealizzabili , il vecchio volpone e ladrone ci
> aveva visto giusto, anche perchè al governo c'era
> il PSI proprio di Bettino e di Giuliano Amato il
> ladro.......
L'accordo di Maastricht, veramente, porta la firma del presidente del Consiglio Giulio Andreotti. Se ben ricordo.
Condivido invece la riflessione di Mastro e sottolineo, per portare acqua al suo mulino, un piccolo particolare: gli anni '90 sono stati quelli in cui grandi economie (si pensi alla Francia o alla stessa Inghilterra) del Vecchio Continente fecero le riforme sociali e del lavoro su cui qui in Italia ancora si discute.
Di chi la colpa?
Certamente di una classe politica ridicola, più ridicola di quella che l'ha preceduta. Ma anche e soprattutto degli italiani che l'hanno appoggiata.
Ora l'Europa c'è. Uscirne è solo propaganda: significherebbe pagare dei costi enormi come una forte inflazione e dazi tremendi che dovremmo poi pagare a chi fosse rimasto in Eurolandia. Quelle poche aziende straniere che ancora hanno mani in pasta nel nostro Paese (pensate a BNP Paribas, o agli spagnoli proprietari di Autostrade insieme ai Benetton) farebbero le valigie di corsa, così come Air France (Alitalia), SNCF (NTV, i treni Italo) e tante altre simpatiche cosette.
Poi potremmo solo tentare di fare commercio coi Paesi del Nordafrica. Economie che risentono della difficile situazione chiamata "Primavera araba".
Se l'Europa c'è, questo Paese - che è uno dei fondatori - deve allora contare di più anziché andarsene sdegnato. Siamo la terza economia continentale, il terzo contribuente. Ma la presenza a Bruxelles e la conseguente attività di lobbying (che si fa con soldi, strutture e idee chiare, non chiudendo rappresentanze e delegazioni) è quantomai deficitaria.
Due anni fa vado a Bruxelles per un convegno. Splendida città un po' grigia, almeno di giorno (la notte è tutt'altra cosa

). Bene, arrivo nella hall dell'albergo in cui si teneva l'incontro e mi qualifico con la delegazione (pagata con soldi di tutti noi contribuenti) italiana. Chiedo dove possa mettere i bagagli. In un inglese stentato modello "the pen is on the table", la fanciulla interpellata prova a rivolgersi al collega tedesco. Che ovviamente parla un eccellente inglese, per cui mi rivolgo direttamente a lui.
Meditate, gente, meditate...